RESTAURO MONUMENTALE - REALIZZAZIONI

CHIESA DI SANTA CHIARA IN VICENZA - sec. XV


Restauro conservativo, consolidamento statico ed adeguamento impiantistico.

Progettazione, Direzione Lavori e Coordinamento Sicurezza.

COMMITTENTE: Istituto Palazzolo in Bergamo - Suore delle Poverelle (BG)
PERIODIO DELLA PRESTAZIONE: 1998-2004



 

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L’Istituto Palazzolo in S. Chiara delle Suore delle Poverelle occupa dal 1885 il sedime dell’antico Monastero delle Clarisse, risalente al XV secolo, che da Contrà S. Tommaso si estendeva fino alla piarda del Bacchiglione, delimitata dalla “Via Comune” lungo le mura veneziane. Dell’originario monastero francescano, articolato nel primo nucleo a corte e nei due grandi chiostri, a tutt’oggi rimangono soltanto la chiesa dei Santi Bernardino e Chiara e il Coro delle Monache, oltre ai due lati porticati del chiostro monumentale (sec. XV).
Anche se la Chiesa è stata da sempre aperta al pubblico e regolarmente officiata, costituiva un brano straordinario di architettura e di arte ancora pressoché sconosciuto, come il coro delle monache, piccola Cappella Sistina, un gioiello tutto da scoprire, annerito dal nerofumo, impraticabile d’inverno per il freddo e d’estate per l’umidità, dove la stessa ideazione dei cicli figurativi costituisce un “unicum” nel panorama artistico vicentino.

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STATO DI CONSERVAZIONE

Il chiostro era ormai irriconoscibile per i successivi adattamenti e le alterazioni subite nel tempo; oltre a ciò tutto l’Istituto era soggetto a frequenti allagamenti, dovuti alle esondazioni del vicino Retrone e al conseguente riflusso delle reti fognarie comunali, data la quota media del piano di campagna molto più bassa di quella stradale. Cosa che comportava, oltre ai danni e al disagio, un motivo di continuo degrado delle strutture, e l’evidente impossibilità di utilizzo dei piani inferiori.
Per questo qualunque intervento di restauro sarebbe stato vanificato senza un adeguamento funzionale e impiantistico, rispettoso dei luoghi.
La necessità di un organico intervento generale di recupero e valorizzazione del complesso monumentale di S. Chiara era emersa con sempre maggiore evidenza, in seguito all’aggravarsi di varie problematiche, legate al degrado delle strutture e degli apparati decorativi in pietra, cotto, intonaco e affresco, alla vetustà degli impianti, ai dissesti statici, all’inadeguatezza delle reti di smaltimento delle acque dell’Istituto, alle periodiche frequenti alluvioni e ai progressivi riporti di terreno con i quali si era cercato nel tempo di porvi rimedio.
Inoltre gli ambienti della Chiesa e del Coro, anche se tutt’altro che trascurati, erano inospitali: poco illuminati, umidi, freddi, privi di ventilazione.

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PROGETTO

Preliminarmente ad ogni definizione progettuale sono state condotte indagini storiche e d’archivio, che hanno consentito di acquisire materiale documentario inedito e hanno portato a vere e proprie scoperte: parallelamente in cantiere veniva eseguita una campagna di indagini, indispensabile per l’individuazione della metodologia di intervento.
Un lavoro paziente e delicato durato 13 mesi ha salvato dal degrado il complesso monumentale di S. Chiara, e ha consentito di restituire alla Città un capolavoro, ancora pressoché sconosciuto, dell’architettura del Quattrocento, con cicli di affreschi che documentano ben tre secoli di cultura figurativa.
Una riapertura storica, dopo un restauro che ha fatto epoca per le sorprese che ha riservato, disvelando sulle pareti e sulla volta del Coro delle monache uno dei più interessanti esempi di sincretismo iconografico cristiano, con un’affascinante contaminazione tra elementi profetici cristologici e mariani.
Non si trattava semplicemente di ripulire le superfici dipinte, ma di salvare dei capolavori da un deperimento che non dava scampo.
Il tempo , l’incuria, le calamità belliche e interventi non adeguati avevano infierito pesantemente sull’intera superficie pittorica, che appariva illeggibile, e sulle stesse strutture di supporto.
I dissesti statici, che nel corso dei secoli hanno interessato, oltre alla copertura e alla volta, hanno interessato anche i paramenti murari della Chiesa e del Coro con lesioni verticali particolarmente profonde che avevano compromesso gravemente i cicli affrescati.
Questa situazione va imputata ad un iniziale sottodimensionamento della struttura muraria in funzione della tipologia costruttiva, ma soprattutto a cedimenti differenziali a livello delle fondazioni. Inoltre le alluvioni, cui il monastero francescano, poi Istituto Palazzolo, era continuamente soggetto, dovute alle esondazioni del fiume e al concomitante irrompere della roggia derivata dalla Seriola, che lo attraversava, concorrevano al degrado dei piani inferiori e al cedimento della base di imposta delle strutture murarie.
Nel corso dell’intervento di restauro si sono resi necessari quindi notevoli lavori di consolidamento statico, che sono stati condotti esclusivamente con l’impiego di tecniche e materiali tradizionale.

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CANTIERE

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LAVORO ULTIMATO

Degli apparati decorativi del coro, i cicli pittorici, sia quelli parietali che alla volta, nell’insieme si presentavano poco leggibili: la superficie appariva offuscata da polveri e nerofumo. Diffusi processi di solfatazione causavano una impalpabile polvere bianca e una miriade di micro cadute. Oltre a ciò esfoliazioni e sbollature avevano provocato numerose situazioni di distacco dell’intonaco dipinto. Dalle analisi eseguite e da un esame ravvicinato, emergeva come in passato le superfici pittoriche fossero state più volte scialbate. Inoltre, nel corso dei lavori, sono stati scoperti incredibili brani di affreschi ancora coperti da intonaci.
I dissesti statici avevano interessato in modo drammatico anche le strutture di sostegno delle coperture, e in particolare del controsoffitto a volta del Coro, realizzato in cannucciato. Infiltrazioni d’acqua meteorica, cedimenti localizzati delle capriate e quindi degli ancoraggi di sostegno, nonché le stesse caratteristiche fisiche e strutturali della volta, costituiscono le cause della deformazione e del cedimento della parte mediana, con conseguente caduta di frammenti di affresco. Inoltre le legature piuttosto rade e il peso delle ricche decorazioni in stucco della cornice centrale, sono senz’altro motivi determinanti anche della scarsa tenuta generale della decorazione. L’intervento di revisione della copertura del Coro ha messo in luce l’orditura primaria della stessa, dove alcune teste di travi risultavano marcite, per cui si è dovuto procedere ad una loro ricostruzione con impiego di resine e con metodi non traumatici per l’affresco sottostante. Dopo la rimozione dei detriti e dell’estradosso della volta e l’infittimento delle legature, il supporto in cannucciato è stato consolidato, iniettando la resina nei punti di contatto tra la travatura e le arelle. Quasi parallelamente si è operato dall’intradosso, con un consolidamento capillare nelle fessurazioni passanti. I frammenti di intonaco affrescato caduti erano stati recuperati, in attesa di ricollocazione. La loro identificazione e ricomposizione con l’ausilio della documentazione fotografica è operazione molto delicata e ha richiesto la mano esperta di un abile restauratore. Altri cedimenti e scollature prima dell’intervento erano inoltre avvertibili al semplice tatto.

Particolare attenzione è stata rivolta alla dotazione impiantistica sia della Chiesa che del Coro. I finestrati sono stati forniti di aperture motorizzate, per garantire agli ambienti una adeguata ventilazione. E’ stato studiato un impianto elettrico con lampade a basso consumo energetico e di elevate caratteristiche cromatiche, in grado di accompagnare con vari livelli e tipi di illuminazione i diversi momenti liturgici e le diverse occasioni di incontro, valorizzandone il significato con soluzioni armoniche e con il minimo impatto visivo. I due ambienti sono stati dotati di impianto termico. In considerazione della notevole altezza degli ambienti, è stato scelto un tipo di impianto a pavimento radiante, il più idoneo in particolare per spazi monumentali, permettendo l’eliminazione di qualsiasi corpo scaldante a vista.

 
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